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Museo della brigata partigiana "Val di Vara"

April 30, 2023

Una parte fondante nella nostra storia protetta dall'antico maniero.

Il Museo della Brigata Val di Vara, che sorge all'interno del Castello Doria Malaspina di Calice al Cornoviglio, racconta, appunto, la storia di quella formazione partigiana che operò nell'area durante la guerra di liberazione, aderendo alla Colonna Giustizia e Libertà nella IV Zona Operativa. E' un percorso molto istruttivo che mette insieme diversi cimeli come divise, armi, oggetti di vita quotidiana dei giovani combattenti per la libertà. Sono inoltre fruibili alcuni video e, in apposite bacheche, sono conservati documenti molto interessanti.

Il museo è dedicato al suo comandante Daniele Bucchioni "Dany", il quale ha fortemente voluto il museo e, purtroppo, è scomparso pochi giorni prima della sua inaugurazione.

Di seguito riportiamo l'articolo sul Battaglione Val di Vara di Maria Cristina Mirabello tratto dal sito dell'Istituto Storico della Resistenza della Spezia


https://www.isrlaspezia.it/strumenti/lessico-della-resistenza/battaglione-val-di-vara/



BATTAGLIONE VAL DI VARA

A cura di Maria Cristina Mirabello

Premessa
Il Battaglione “Val di Vara” appartiene alla Colonna “Giustizia e Libertà”, che si forma precocemente nello Spezzino, avendo in principio i suoi due punti di forza a Torpiana di Zignago e nel Calicese.

Origini del Battaglione “Val di Vara”
Già all’8 settembre 1943, con lo sbandamento dei soldati alla notizia dell’armistizio e con il loro rientro a casa, troviamo da subito nel Calicese molteplici attività di raccolta armi e aiuto ai soldati.
Si formano inizialmente tre gruppi: uno in Località Borseda (con Ferdana, Garbugliaga, Beverone) comandato da Aldo Bucchioni, uno in Località Debeduse (con Lavacchio Terrugiara e Vicchieda) comandato da Amedeo Paita e Carlo Calorini, e uno in Località Villagrossa comandato da Ugo Tarantola, allargatosi poi a Santa Maria (con Lino Masini), Molunghi (con Salcino Simonetti), Calice-Campi-Nasso (con Giovanni Ceragioli, futuro Commissario della 
Ia Divisione Liguria-Picchiara e Gino Paita), Suvero (con Silvio Romani), Veppo e Casoni (con Luisito Rebecchi), Castiglione Vara (con Eriberto Pagano).

Gli aderenti di Borseda, Debeduse e Villagrossa, partecipano al primo incontro di coordinamento, che ha luogo presso il cascinale Buscini, in località Debeduse, già il 19 ottobre 1943: promotore e coordinatore dell’incontro stesso è il Tenente Daniele Bucchioni.

Si muove anche la frazione di Madrignano con Emilio Del Santo, Abele Bertoni e Dino Batti; Piana Battolla, ove operano Carlo Sardi, Dino Canese, Primo Galasso, Giovanni Terribile, Umberto Battolla, Nino Valeriani, Follo e Pian di Follo, dove esplicano un’intensa attività il capitano Orazio Montefiori (“Martini”)[1], Fernando Chiappini, collegatisi poi con il movimento già sorto a Vezzano Ligure[2], mentre a Valeriano troviamo Amelio Guerrieri[3]. Particolare incidenza assume in questo quadro la figura di don Carlo Borelli, parroco di Follo Alto, che diventerà poi cappellano di “Giustizia e Libertà”. Sempre a Follo-Bastremoli va ricordata la figura di Agostino Bronzi, insigne militante socialista che in questo momento lì risiede.

Alla data del 20 marzo 1944 il gruppo che ruota intorno a Daniele Bucchioni “Dany” riconosce come riferimento il Comando di Torpiana (vedi Colonna “Giustizia e Libertà” nell’Organigramma di partenza) con cui prende contatti tramite fondamentalmente il ragioniere Giuseppe Grandis (“Gisdippe”) che sta a Vezzola, compie azioni assalendo la Caserma dei Carabinieri di Calice, dove si impossessa di una mitragliatrice Breda calibro 8 e di alcune cassette di munizioni, prosegue la collaborazione con Orazio Montefiori per Follo.

Nel maggio 1944 entra in clandestinità anche Blandino Blandini “Tigre”, appartenente ad una formazione madrignanese. Nel maggio 1944 il partigiano Cirillo Palladini, degente nell’Ospedale del Felettino-La Spezia, gravemente ferito ed in attesa di essere fucilato, viene prelevato da un “commando” inviato da Bucchioni e diretto da Carlo Mazzoni di Lerici: è operato in circostanze eccezionali all’ombra di una quercia ai Casoni (e salvato) dal dott. Umberto Capiferri[4].

Nel giugno 1944 i nuclei di Madrignano, Suvero, Follo, Piana Battolla e Veppo, con l’aggiunta di ulteriori forze provenienti da Vezzano e ancora da Follo, si trasferiscono a Ghiacciarna, in montagna, a 959 m., presso il valico dei Casoni, sulla mulattiera proveniente da Villagrossa.

Sempre a giugno, fra il 18 e il 19, Daniele Bucchioni e Gordon Lettattaccano il castello di Calice e, sebbene l’attacco non riesca, il presidio fascista rimane assediato e non può uscire, per cui il Comando Militare fascista spezzino fa ritirare successivamente il presidio stesso dalla località.

E’ questa la fase in cui la Brigata d’Assalto Lunigiana, precedente diretto e nucleo fondante della Colonna G.L., è già strutturata in compagnie: fra esse quelle che diventeranno in seguito, con vari assestamenti, il Battaglione “Val di Vara”[5].

Quando a fine luglio 1944 viene a compimento il processo di aggregazione delle formazioni patriottiche combattenti attraverso la creazione della Ia Divisione Liguria e si costituisce un Comando Unico, la neonata Divisione Liguria comprende la Brigata “Centocroci”, la Brigata Garibaldi “M. Vanni” (già Battaglione “Signanini”), la Brigata Garibaldi “A. Gramsci” e il Battaglione “Picelli”. Della I Divisione viene a far parte anche la Brigata d’Assalto Lunigiana che ha da poco assunto la denominazione di Brigata o Colonna “Giustizia e Libertà” (comandata da Vero Del Carpio), qualificandosi chiaramente con il nome come formazione che si richiama al Partito d’Azione e al Movimento G.L.

Fra luglio e agosto, la Brigata G.L., ormai divisa in sei compagnie, si allarga a dismisura e, nell’imminenza del rastrellamento del 3 agosto 1944, sul monte Picchiara si trovano fra 500 e 600 partigiani G.L.
Nei giorni precedenti il rastrellamento la Colonna G.L. sta attuando e migliorando la struttura in sei compagnie che si è già data. In tale organigramma il Primo Battaglione, diviso in tre compagnie, a loro volta articolate in distaccamenti e squadre, vede la Prima compagnia agli ordini di Daniele Bucchioni “Dany”, la seconda agli ordini di Gino Paita e la terza agli ordini di Amelio Guerrieri. Comandante del Primo Battaglione è Orazio Montefiori “Martini”: egli è anche vice-comandante della Colonna e fissa il Comando in località Le piane di Cornoviglio
[6].

Dopo il drammatico rastrellamento del 3 agosto 1944[7] continua l’attività partigiana con attacchi ad autocolonne tedesche, asportazione presso Valeriano dai magazzini tedeschi di casse di bombe a mano, azioni di sabotaggio ed atti dimostrativi. Il Comando tedesco, preoccupato per l’intensa attività, decide allora un rastrellamento che investa tutta la zona.

E’ l’8 ottobre 1944: la prima Compagnia G.L. del “Val di Vara” è schierata nella zona compresa fra il Monte Bastia-Foce Borseda, per sbarrare arrivi da Rocchetta Vara. La resistenza partigiana si protrae fino a mezzogiorno, quando il nemico cerca di chiudere in una morsa i partigiani, aggirandoli. E’ in tale frangente che Bucchioni fa ripiegare le squadre più minacciate e si ferma per coprire la manovra con Piero Spezia: muore Piero Spezia[8], rimane ferito Bucchioni e muore successivamente Vincenzo Selvaggio, inviato come staffetta per avvertire il Comando del Battaglione di quanto accaduto. Il rastrellamento nel suo complesso, nonostante i due morti partigiani, non ottiene assolutamente l’effetto sperato dai nazi-fascisti.

Il 26 ottobre 1944, Vero Del Carpio, Comandante della Colonna G.L. (che ammonta a 650 elementi), sanziona la nuova organizzazione della Colonna stessa in due Battaglioni (“Val di Vara” e “Zignago”) e nelle sei compagnie che di fatto esistono già[9]. A capo del Battaglione “Val di Vara” è ancora Orazio Montefiori “Martini”, Commissario Politico è Ezio Giovannoni “Ezio I°”[10], vicecomandante è Daniele Bucchioni “Dany” che subentra a Montefiori però prima del rastrellamento del 20 gennaio 1945. La prima Compagnia è affidata a Daniele Bucchioni, la seconda a Luigi Carbonetto “Nizzi”, la terza ad Amelio Guerrieri “Amelio”. C’è anche un Plotone Carabinieri, un Plotone Esploratori, il Plotone “Ciccio” e il personale del Comando.

A Gennaio 1945 il Battaglione “Val di Vara” risulta infine così disposto: il Comando è situato a Villagrossa, Comandante è il Tenente Daniele Bucchioni (Dany)[11]. La prima compagnia è stanziata sul monte Cucchero con plotoni e squadre a Villagrossa, S. Maria e Ghiacciarna; la seconda a Pietra Bianca con plotoni a Montereggio e a casa Pistona, la terza a Beverone. In questo momento la forza numerica del Battaglione “Val di Vara” è di 266 effettivi[12]. A Piana Battolla, Pian di Madrignano-Pagliadiccio, Bolano-Ceparana, Calice al Cornoviglio e Castiglione Vara-Beverino sono presenti posti di polizia partigiana.

Quando è ormai prossimo il grande rastrellamento del 20 gennaio 1945, ampiamente preannunciato dal Comando IV Zona Operativa, nel tentativo di porre in atto manovre preventive rispetto ad esso, il 18 gennaio muore per il battaglione “Val di Vara” il caposquadra Luigi Vega, viene ferito e catturato Alcide Paita e ferito gravemente Michele Esposito. Quanto al rastrellamento vero e proprio, che vede il riuscito sganciamento della maggior parte delle forze partigiane della IV Zona oltre il Gottero, la colonna “Giustizia e Libertà” combatte il giorno 20 gennaio dalle sue posizioni ma solo in parte valica il Gottero perché, nel caso del Battaglione “Val di Vara”, è dislocata troppo lontana da esso.

Il “Val di Vara”, dopo avere combattuto alle Prede Bianche e nella zona di Beverone-Stadomelli, ripiega, o disperdendosi nei boschi di Calice o oltrepassando di notte il Vara per uscire dalla zona rastrellata. Amelio Guerrieri, comandante della terza compagnia, verso le due di notte del 21 gennaio, chiede al comandante di Battaglione, che con la prima compagnia copre la ritirata della terza, di poter andare oltre il Vara con 62 uomini, riunendo anche parte di altre Compagnie. Il Comando di Battaglione rimane nella zona di Borseda-Forno.

Guerrieri arriva a Valeriano il 22 gennaio 1945 e vi concentra i partigiani. Ma la mattina del 26 il paese è circondato da preponderanti forze nazifasciste contro le quali i partigiani, guidati da Guerrieri e aiutati dalla popolazione, si battono, per ritirarsi poi verso il bosco. Muoiono in questa circostanza Giuseppe Morini e Silvio Maggiani.

In seguito al rastrellamento del 20 gennaio 1945, ma ormai a fine febbraio, Blandino Blandini (“Tigre”), vicecomandante della seconda compagnia, viene reso autonomo da essa e costituisce la quarta, distaccata a Montereggio, con posto di avvistamento a Madonna del Monte, inoltre a Villagrossa è istituita la quinta Compagnia e trasferita nella zona del Monte Cornoviglio-Prede Bianche. Comandata da Giuseppe Coselli (“Beppe”) viene usata come riserva e sono inquadrati in essa i partigiani di altre nazionalità.

Ulteriori cambiamenti riguardano la terza Compagnia comandata da Amelio Guerrieri: poiché il secondo Battaglione della Colonna “Giustizia e Libertà” ha subito pesantissime perdite nel corso del rastrellamento del 20 gennaio1945 (v. Battaglione “Zignago”) ed è in via di ristrutturazione, Amelio Guerrieri con i suoi uomini lascia il 26 febbraio 1945 la postazione del Beverone (e il battaglione “Val di Vara”), trasferendosi sul Battaglione “Zignago”, al comando della quinta Compagnia. Il “Val di Vara” ricostituisce però la compagnia stanziata sul Beverone: composta da uomini provenienti da Piana Battolla e Follo è affidata al comando di Aldo Bucchioni, fratello di Daniele Bucchioni.

Dopo il 20 marzo 21945 il Battaglione “Val di Vara” provvede anche alla costruzione di un campo di atterraggio a Ghiacciarna, utilizzato per due importanti lanci alleati di vestiario, viveri e soprattutto esplosivo.

Nella fase finale il colonnello Fontana, comandante della IV Zona Operativa, convoca alle 18 del 21 aprile 1945 Daniele Bucchioni, comandante del battaglione “Val di Vara” e vice Comandante della colonna G.L., comunicandogli che alla sua formazione, in concomitanza con le avanguardie americane, è affidato il compito impegnativo di attaccare Aulla.

Gli uomini del “Val di Vara”, convinti insomma di scendere sulla Spezia, sono invece chiamati ad altra operazione. Si muovono per conseguire l’ordine ricevuto le Compagnie, diventate nel frattempo Battaglioni perché la Colonna G.L. è stata assimilata a Divisione e il “Val di Vara” a Brigata (v. a tale proposito il Nota Bene in fondo alla Scheda Colonna “Giustizia e Libertà”).

Le forze della Brigata (predisposte secondo precisi obiettivi e compiti) sono così articolate: primo battaglione comandato da Giuliano Ratti, secondo battaglione comandato da Gino Paita, terzo battaglione comandato da Aldo Bucchioni, quarto battaglione comandato da Blandino Blandini, compagnia di riserva comandata da Beppe Coselli. C’è anche un posto di distribuzione munizioni, un posto di medicazione, un posto di distribuzione viveri e il posto Comando brigata.

Con questa azione finale di strategica importanza la ormai “Brigata Val di Vara” occupa la fortezza della Brunella e assicura la liberazione di Aulla (MS), su cui discende alle 22 del 23 aprile 1945, catturando numerosi prigionieri consegnati da Daniele Bucchioni al capitano che comanda le avanguardie alleate. Nel pomeriggio dello stesso giorno la Brigata ripiega su Piana Battolla dove è attesa dal comandante della Colonna, ormai Divisione G.L., Stefano Colombo “Carli” che abbraccia commosso Bucchioni e gli altri ufficiali della Brigata.



May 20, 2023
E' sempre rischioso, senza il confroto di specialisti, avventurarsi nel tentativo di comprendere il significato del nome di un luogo. Per il nome "Garbugliaga" si potrebbe avanzare timidamente l'ipotesi di un legame con il vocabolo "garbuglio" (da un possibile tema "grov" "grav" "grab" "garb" che, secondo alcuni studiosi, sarebbe lo stesso all'origine dei vocaboli Groppo e gruppo, ad indicare il serrato intreccio di case che compongono il borgo. Suggestiva l'osservazione che le località con finale in "ago", "aga", "igo", "iga" possono corrispondere ad antiche proprietà agricole che si ritrovano in Italia dovunque si sono insediate popolazioni protoceltiche e galliche. A Suvero e Veppo, del resto, sono documentate tracce di antichi insediamenti liguri. La storia più recente di garbugliaga è strettamente connessa con quella di Beverone: entrambi infatti erano dipendenti dalla rettoria di Stadomelli, antico distretto del vescovo di Luni. Beverone e Garbugliaga dovettero dunque essere presidi del vescovo di Luni sopra le terre dell'abbazia di Brugnato. Con il declino del potere temporale dei vescovi di Luni, Beverone e Garbugliaga passarono quindi sotto la signoria dei marchesi Malaspina di Villafranca cui rimasero sino all'arrivo dei francesi alla fine del XVIII secolo. Dopo la parentesi rivoluzioanria, il Congresso di Vienna attribuì i territori degli ex feudi malaspiniani al duca di Modena, per essere quindi aggregati, con l'Unità d'Italia, alla Provincia di Massa Carrara. Il Comune di Rocchetta di Vara, di cui è parte Garbugliaga, fu inglobato nella neonata provincia della Spezia dal 2 fennraio 1923. L'attuale chiesa parrocchiale, dedicta a Sant'Anna e San Remigio fu edificata nel 1661 dalla famiglia Podestarelli di Cavanella di Vara. La dedica a San Remigio potrebbe mantenere memoria di un antico rifugio dedicato ai pellegrini francesi diretti a Roma, lungo una delle numerose possibili varianti della via Francigena. Il prim maggio 1926, per intervento del sacerdote don Giovanni Borsi, nativo di Garbugliaga e parroco di Avenza, Gabugliaga divenne parrocchia. il 17 settembre 1950 alla parrocchia fu annesso l'oratorio di Forno, dedicato alla Beata Vergine dei sette dolori, noto anche come Oratorio di Santa Croce. Sino al 1959 la parrocchia appartenne alla diocesi di Massa, poi denominata Apuania. DAL SITO DEL COMUNE DI Rocchetta di Vara
May 14, 2023
Tratto da: Catalogo Generale dei Beni Culturali - Beni archeologici per saperne di più collegati alla pagina del catalogo dei beni culturali con il link seguente
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Giorgio Pagano - 9 ottobre 2022 - Città della Spezia
By Roberto Pomo April 4, 2023
La storia. l toponimo Zignago deriverebbe[4] molto probabilmente dal termine dialettale Zignègu, cioè abitante vicino all’acqua. Il territorio, chiamato originariamente con il toponimo Cornia[4], fu zona di confine tra i Longobardi e i Bizantini. Divenuto possedimento feudale dei signori di Vezzano, i quali edificheranno a Zignago un castello, venne in seguito ceduto al comune di Pontremoli; fu quindi proprietà della famiglia nobiliare dei Fieschi di Lavagna. Nel 1273 entrò a far parte dei territori della Repubblica di Genova, in netto anticipo rispetto ad altri territori della val di Vara, sottraendolo al dominio della famiglia Malaspina, già signori della Lunigiana e di altri borghi dello spezzino. A metà del XVI secolo la repubblica genovese la elevò al titolo di podesteria con la nomina da Genova di un apposito magistrato. Così come gli altri paesi sotto il dominio genovese seguì le sorti e le vicende storiche di Genova quali l’invasione austriaca nel 1747 e quella francese di Napoleone Bonaparte nel 1797. Con la dominazione francese rientrò dal 2 dicembre nel Dipartimento del Vara, con capoluogo Levanto, all’interno della Repubblica Ligure. Dal 28 aprile del 1798 con i nuovi ordinamenti francesi, il territorio di Zignago rientrò nel III cantone, come capoluogo (Pieve di Zignago), della Giurisdizione di Mesco e dal 1803 centro principale del IV cantone di Godano nella Giurisdizione del Golfo di Venere. Annesso al Primo Impero francese, dal 13 giugno 1805 al 1814 venne inserito nel Dipartimento degli Appennini. Nel 1815 fu inglobato nella provincia di Levante del Regno di Sardegna, così come stabilì il Congresso di Vienna del 1814, e successivamente nel Regno d’Italia dal 1861. Dal 1859 al 1927 il territorio fu compreso nel IV mandamento di Godano del circondario di Levante facente parte della provincia di Genova prima e, con l’istituzione nel 1923, della provincia della Spezia poi. Al 1956 risalgono gli ultimi aggiustamenti al territorio comunale con il distacco della frazione di Bozzolo e il suo accorpamento nel territorio di Brugnato. Dal 1973 al 31 dicembre 2008 ha fatto parte della Comunità montana dell’Alta Val di Vara e con le nuove disposizioni della Legge Regionale n° 24 del 4 luglio 2008[6], in vigore dal 1º gennaio 2009, ha fatto parte della Comunità montana Val di Vara, quest’ultima soppressa con la Legge Regionale n° 23 del 29 dicembre 2010 e in vigore dal 1º maggio 20.
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